Seppure venga da lontano, il girasole è ormai il simbolo della campagna toscana in estate. Insieme ai dritti filari di cipressi e alle vigne che si inerpicano per le colline, il giallo dei suoi fiori è entrato appieno nell’immaginario che della nostra terra ha soprattutto chi la visita da ospite. Appassionati di fotografia e turisti da tutto il mondo vanno alla ricerca di queste splendide fioriture negli angoli più affascinanti delle nostre campagne, e luglio è il mese a lui consacrato.
Da dove viene il girasole?
Originario del Perù o del Messico, il girasole è stato introdotto in Europa all’inizio del Mille e Cinquecento come pianta ornamentale. Dal Settecento ha cominciato a essere impiegato per la produzione di olio, riscuotendo un grande successo già dal secolo successivo in Russia. Oggi è coltivato ovunque nel mondo, tanto da essere la seconda pianta produttrice di olio dopo la soia. La varietà che ammiriamo nei nostri campi fa parte della specie Helianthus annuus L., la stessa in cui rientra anche l’altra varietà, quella coltivata nei giardini e caratterizzata da un’ampia ramificazione e da fiori più piccoli ma più numerosi.
Come gira il girasole rispetto al sole?
Conosciamo tutti la caratteristica principale del girasole, e se anche non la conoscessimo il nome di questo fiore ci dice chiaramente che cos’abbia di speciale. Ma non è così chiaro a tutti in che direzione giri, se a favore o in modo opposto al Sole, e soprattutto per quali motivi. Vediamo dunque come stanno in realtà le cose.
Lo stesso nome greco, Helianthus, ci dice che è il fiore – anthos – del Sole – Helios – in riferimento al fatto che muove il capo a seconda della posizione dell’astro. Ovvero, tecnicamente, è caratterizzato da eliotropismo, un comportamento che lo fa muovere – il sostantivo greco tropos deriva dal verbo trépomai “mi muovo, mi volgo” – in relazione a Helios, che sappiamo essere l’antico nome della divinità greca incarnata nel Sole.
Per quanto affascinante, le ragioni di questo comportamento sono ovviamente biologiche, chimiche. Il girasole concentra all’apice, ovvero sul “capo”, soprattutto in giovane età cioè nella fase di crescita e nei primi momenti della fioritura, un particolare molecola chiamate auxina. Si tratta di un ormone cioè di un composto chimico che funge da “messaggero” all’interno della pianta: in pratica serve a dirle che cosa fare in determinate condizioni, ne detta il comportamento a seconda del contesto. Anche in questo caso il nome è importante: auxina deriva dal greco auxein che significa “aumentare”, sono infatti molecole essenziali alla crescita, che dirigono e sovrintendono ai lavori di “costruzione” dei vegetali. In alcuni casi stimolano la pianta a moltiplicare il numero delle proprie cellule, in altri ad accumulare più acqua e quindi a gonfiarsi.
Nel caso del girasole l’auxina, in attività fin da subito nel germoglio e accumulata nella parte apicale detta pulvino, produce un rigonfiamento dovuto all’accumulo di acqua. Peculiarità di queste molecole di auxina è quella di rifuggire la luce del Sole e migrare nella parte in ombra della pianta, rendendo così asimmetrico il loro operato, cioè facendo in modo che di volta in volta sia più turgida la parte in ombra del girasole. Le ragioni di questo comportamento non sono del tutto chiare, ma è razionale ipotizzare che l’auxina rifugga il Sole poiché, dovendo in questo caso accumulare acqua, il calore dovuto alla radiazione solare renderebbe vano il suo lavoro facendo evaporare gran parte dei liquidi accumulati. In tal modo la luce regola l’ingresso di acqua e molecole in essa diluite all’interno della pianta, determinando il modo in cui il girasole cresce: crescerà e si “muoverà” in base alla direzione della luce cioè del Sole; in particolare, rivolgerà il capo ovvero l’apice (contenete l’auxina) in direzione contraria al Sole.
A livello chimico le cose sono ovviamente più complesse di quanto detto – oltre all’auxina intervengono altri composti intermedi -, ma le ragioni di quanto accade sono, a livello generale, quelle che vi abbiamo appena descritto.
Questo spiega anche perché nella fase giovanile la pianta volti il capo da est a ovest, in direzione contraria al moto apparente del Sole in cielo: nella parte esposta alla luce gli effetti dell’auxina sono disattivati e le cellule si svuotano d’acqua, che andrà invece a gonfiare la parte in ombra. Di notte, in assenza del contrasto luce-ombra, tutto torna in equilibrio e la pianta torna a rivolgere il fiore a est cioè al sole nascente come fanno tutte le angiosperme, ovvero le piante che fioriscono. (Le ragioni sono semplici: un fiore rivolto alla luce è un fiore più brillante, più evidente per gli insetti impollinatori, dunque funzionale allo scopo riproduttivo per il quale il fiore è generato.) Proprio per questo motivo, quando il fiore è maturo, la pianta ha raggiunto il suo scopo, le auxine possono “andare in pensione” e lo stelo inizia a farsi rigido, il girasole si volge per l’ultima volta a est e in quella posizione rimane per sempre, fino a quando la mietitrebbia non lo reciderà.
Dunque, riassumendo: il girasole gira in base al Sole ma in direzione contraria e solo in giovane età, fin tanto che cresce e fino alle prime fasi della fioritura.
Il girasole nell’arte
Lo speciale eliotropismo del girasole, cioè il suo fuggire il Sole, nei secoli ha affascinato scrittori, poeti e non solo. Da sempre l’uomo ha cercato di spiegare questo suo strano comportamento, che ha in sé del tragico se si pensa che il Sole e la sua luce rappresentano da millenni un valore positivo e incarnano in ogni religione la divinità più importante. Un fiore che rifugge il Sole e quindi il bene è davvero strano… terribilmente malinconico!
Tra le varie interpretazioni, la mitologia classica ci offre la più affascinante – e celebre – nella figura di Clizia. Narra di lei Ovidio nelle Metamorfosi che fosse una splendida ninfa, tra le tanti amanti di Apollo – altra divinità che rappresenta il Sole – e di questo innamoratissima. Il Sole è però sempre stato poco fedele alle proprie amanti e, nel momento in cui è lui a innamorarsi perdutamente di un’altra ragazza, Leucotoe figlia del re di Orcamo, e a sedurla con uno stratagemma, Clizia impazzisce di gelosia. Decide così di rivelare al Re il modo in cui Apollo ha sedotto sua figlia, assumendo le sembianze della madre della ragazza e introducendosi nel letto della giovane. Il padre, in preda all’ira più nera, decide di vendicarsi sulla figlia facendola seppellire viva. Disperato per la morte di Leucotoe, Apollo cosparge il luogo della forzata sepoltura con un nettare dolcissimo, dal quale nascerà la pianta dell’incenso, e ripudia Clizia. Questa, afflitta dal dolore per aver causato la morte della giovane e aver perso per sempre l’amore del dio, trascorrerà il resto della sua vita a seguire con lo sguardo il carro del Sole in cielo, fino a quando Zeus, impietosito, la trasformerà in girasole, il fiore che segue il movimento del Sole senza mai poterlo guardare direttamente.
La malinconica figura di Clizia ha trovato numerosi “amanti” nella letteratura e nell’arte. Ebbe particolare successo tra Ottocento e Novecento, la rappresentarono pittori quali Evelyn De Morgan e Louis Welden Hawkins, ma celeberrima è l’interpretazione che ne dà il poeta Eugenio Montale, il quale la incarna nella propria amante d’oltreoceano Irma Brandeis, la donna che amerà per tutta la vita da lontano, la figura angelica che lo ristorerà seppure idealmente dal male di vivere e alla quale la sua poesia rimarrà fedele sempre.
Nel mito, l’ostinazione di una donna mutata in fiore a seguire il propio amante nonostante tutto, ha fatto sì che ben presto il girasole diventasse l’emblema della fedeltà e della permanenza della sostanza oltre la mutevolezza delle cose e dell’esistenza stessa. Questo è il significato primario del mito e la ragione del successo della figura di Clizia nell’arte.
Chi non desidererebbe avere il proprio girasole, ancor più se incarnato in un’affascinante e dolce giovane donna? Se dovesse capitarvi la fortuna, sappiate evitare tradimenti e seppellimenti forzati, e la prossima volta che ammirerete un campo di girasoli in fiore, ricordate che, se è vero che l’amor “move il sole e le altre stelle”, anche la fedeltà non è da meno. Che poi sia merito dell’auxina è tutta un’altra storia, noi esseri umani – per fortuna – abbiamo altri rimedi al troppo sole.