A Torre a Cenaia è tempo di semina… ma quello che oggi lasciamo cadere nei solchi è un seme speciale: pur arrivando dalla nostra più antica tradizione contadina, la pianta che a breve germoglierà da questo piccolo chicco rotondo ha in sé un qualcosa di rivoluzionario e “proibito”.
Proprio così, stiamo parlando della Cannabis sativa, meglio conosciuta come canapa.
Dimenticatevi per un attimo della foglia a cinque punte simbolo di trasgressione e di alterazione della coscienza, e, se ancora avete la fortuna di avere accanto chi ha solcato i campi all’inizio del secolo scorso, provate a chiedere loro se conoscono questa pianta e quali usi ne facessero.
Scoprirete che un tempo era una vera e propria regina, soprattutto nei luoghi più umidi, tenuta in grande considerazione perché generosissima, preziosa al pari del maiale del quale – è risaputo – non si è mai buttato via niente.
Poi, vittima di una politica un po’ miope e bigotta, la pianta fu bandita (assurda pretesa quella di dichiarare fuori legge un essere vivente) e il seme scomparve dai nostri campi e dalla nostra cultura. Ricordo ancora quando, da piccolo, rovistando nelle sementi con cui si cibavano gli uccelli, capitava di imbattersi ancora nelle piccole sferette marroni di questa pianta, che croccavano sotto i polpastrelli non appena li schiacciavo. E ogni volta che chiedevo a mia nonna che semi fossero quelli, lei mi raccontava della sua infanzia nei campi e alla filanda, nella grande azienda della mia terra che allora dava lavoro a centinaia di persone: tutte impegnate a battere, macerare, essiccare, filare e tessere le preziose fibre della canapa.
Dopo decenni di oblio torna oggi ai nostri campi, epurata dalla molecola per la quale era stata bandita negli anni Settanta, il cosiddetto THC, e pur venendo dal passato ha il sapore del futuro. I suoi usi sono infatti svariati e, grazie alle nuove tecnologie, ancor più convenienti rispetto a un tempo.
La canapa è prima di tutto una valida alleata in cucina. I suoi semi sono un alimento sano e nutriente: ricchi di grassi polinsaturi e di aminoacidi, oltre a contenere quindi i “mattoncini” con cui si costruiscono le proteine, se consumati regolarmente aiutano a prevenire il colesterolo, l’artrosi e altre malattie dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio. Dalla loro spremitura a freddo si ricava inoltre l’olio di canapa: un prezioso integratore naturale ricco di vitamina A, vitamina E e vitamine del gruppo B, da utilizzare preferibilmente a crudo come condimento.
Anche oggi, come in passato, la canapa è coltivata per le proprie fibre vegetali che, dopo un’apposita lavorazione, vengono trasformate in fibre tessili al pari di quelle del cotone. A differenza di questo, però, la canapa ha una redditività maggiore e richiedere un uso ridotto, per non dire nullo, di fertilizzanti e pesticidi. I filati che si ottengono da questa pianta sono inoltre molto resistenti e possono essere usati sia per l’abbigliamento sia per la produzione di accessori e manufatti di vario tipo.
Ma l’uso più straordinario che oggi possiamo fare della canapa è quello nella bioedilizia. Oltre a poter costruire tavole assemblando e pressando i fusti delle piante, che costituiscono un valido sostituto del legno, questa pianta può dar vita a veri e propri mattoni. Stiamo parlando dei biomattoni: blocchi di canapa, appositamente lavorata e pressata, con cui è possibile costruire un ambiente confortevole e salutare, grazie alle straordinarie capacità di isolamento termico e acustico di questo materiale, in grado persino di catturare le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e quindi di purificare l’aria. Da questo uso nasce oggi un’edilizia all’avanguardia, che fa della canapa lo strumento del futuro sia per costruire nuove abitazioni a ridotto impatto ambientale e dai consumi energetici estremamente ridotti, sia per ristrutturare costruzioni già esistenti.
La canapa è inoltre una valida alternativa ecologica al petrolio: dalla sua cellulosa è infatti possibile ricavare materie plastiche biodegradabili al cento percento, utilizzabili come imballaggi e materiali isolanti, oltre a un combustibile ottenuto dalle biomasse.
Gli scarti provenienti dalla lavorazione della pianta, ad esempio per fini alimentari o per ricavarne fibra tessile, possono persino essere impiegati per produrre carta di alta qualità o per migliorare la qualità del suolo. Il fusto può infatti essere utilizzato per la pacciamatura del suolo, ovvero per aumentarne la capacità nutritiva e idrica, consentendo così un risparmio in termini di risorse ambientali.
Come se tutto ciò non bastasse, la canapa è in grado di bonificare terreni contaminati da metalli pesanti attraverso un processo detto phytoremediation: tramite l’apparato radicale, le piante assorbono e riducono i composti chimici contenenti metalli e altri inquinanti come arsenico, rame, oltre che solventi e pesticidi. Può quindi essere impiegata nei processi di bonifica del suolo nelle aree degradate e dismesse, un procedimento assai efficace ed economico.
E’ così che questa vera e propria “pianta dei miracoli” torna a nascere e crescere per il secondo anno consecutivo nei campi di Torre a Cenaia: i semi, forniti da Assocanapa, daranno vita ad alte piante che, al termine del loro ciclo vitale, andranno ad alimentare il progetto di Filiera Canapa Toscana attraverso il Consorzio Strizzasemi.
Il futuro passa anche dai nostri campi e da questi piccoli semi marroni, promessa di un consumo e di un produrre più responsabili, nel rispetto dell’ambiente e del territorio. Il trattore si allontana coi suoi ugelli che sembrano saperlo e guardano in basso bramando ancora terra: più a nord, il nuovo campo da seminare è pronto; non resta che andare.